lunedì 5 ottobre 2009

Riconoscere e affrontare il mobbing nei luoghi di lavoro

Il mobbing è una delle cause principali delle patologie da stress lavoro correlato, per questo motivo segnaliamo sempre con piacere materiale informativo nuovo sull’argomento, cercando di volta in volta di approfondirne qualche aspetto diverso.

Il documento alla nostra attenzione si intitola “Il mobbing: opuscolo informativo” ed è stato realizzato dall'AUR, Agenzia di ricerca della Regione Umbria, e curato da Giuliano Bussotti.

L’opuscolo, che prende spunto dal progetto intitolato “Azioni di informazione e ricerca: sensibilizzazione sulla disciplina del Mobbing, informazione (formazione) sul fenomeno nel contesto regionale umbro di riferimento” e dalla Legge Regionale n. 18 del 28 febbraio 2005, vuole informare i lavoratori e le lavoratrici sul significato e sulle caratteristiche del mobbing “per contribuire ad eliminare il fenomeno, o quanto meno per aiutare a riconoscerlo e a difendersene”.

Nel capitolo in cui si affrontano le tipologie del mobbing il documento indica che “in un atteggiamento teso verso il mobbing, gli esperti riconoscono i seguenti elementi:
  • il comportamento negativo sistematico;
  • la ripetizione costante nel tempo;
  • lo squilibrio del potere tra mobber e mobbizzato;
  • l’intento e la strategia delle azioni, tutte mirate ad estromettere dal lavoro”.
Inoltre si possono distinguere vari tipi di mobbing:
  • “strategico: il comportamento sopra descritto è programmato dall’azienda o dai suoi vertici, con il preciso scopo di allontanare dal lavoro uno o più dipendenti;
  • emozionale: il comportamento è posto in atto da due o più colleghi della vittima, per varie ragioni: rivalità, gelosia, antipatia, diffidenza, etc.;
  • un mobbing che diviene un comportamento tra colleghi per ambizioni di carriera (mobbing orizzontale), o tra un superiore e un subordinato ritenuto scomodo e pericoloso per il non rispetto gerarchico (mobbing verticale)”.

Ma come si sviluppa il mobbing?

Se è vero che “ogni luogo di lavoro attraversa fasi di conflittualità”, il “mobbing è altro e di più”. Si riconosce se il “conflitto prosegue oltre un arco temporale grosso modo triplo rispetto ad un conflitto normale”.

Queste le fasi che questo fenomeno può affrontare secondo il modello italiano Ege:
  • fase 1: il conflitto diventa mirato verso una vittima;
  • fase 2: “si avverte un cambiamento nel clima di lavoro, che rappresenta l’inizio del mobbing: ogni comportamento viene realizzato, in maniera esplicita o subdola, per attaccare la vittima sul piano lavorativo e personale”;
  • fase 3: la vittima accusa i primi sintomi psicosomatici;
  • fase 4: mancato intervento dei responsabili del personale e altri dirigenti aziendali (forse non conoscono/riconoscono il mobbing o, in alcuni casi, “sono essi stessi a metterlo in pratica”);
  • fase 5: aggravamento della salute psicofisica della vittima;
  • fase 6 : conseguente esclusione del dipendente dal mondo del lavoro.

Fonte: puntosicuro.it

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