martedì 29 novembre 2016

INTERPELLO 16/2016 – ELEZIONE DEL RLS NELLE SOCIETA’ CON SOLI SOCI LAVORATORI

Nell’ Interpello n. 16/2016 del 25 ottobre 2016 si risponde al quesito sulla “necessaria presenza del rappresentante dei lavoratori anche nelle società al cui interno operino esclusivamente soci lavoratori”. La Regione Marche ha infatti richiesto il parere della Commissione in merito alla corretta interpretazione dell’articolo 47, comma 2 del D.Lgs. n. 81/2008, nel quale viene espressamente sancito che in tutte le aziende, o unità produttive, sia ‘eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza’”. Nell’interpello si evidenzia che: - “ in data 13 settembre 2011, a norma dell’articolo 47, comma 5 del d.lgs. n. 81/2008, è stata sottoscritta la stesura definitiva dell’Accordo nazionale applicativo del d.lgs. n. 81/2008 tra CGIL, CISL e UIL da una parte e CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e delle PMI), CONFARTIGIANATO IMPRESE, CASARTIGIANI e CLAAI dall’altra; - l’Accordo, per espressa volontà delle parti contraenti, si applica alle imprese aderenti a CNA-Confederazione Nazionale dell’Artigianato e delle PMI, CONFARTIGIANATO IMPRESE, CASARTIGIANI e CLAAI e/o alle imprese che applicano i contratti collettivi sottoscritti dalle Organizzazioni aderenti alle Parti firmatarie del medesimo Accordo; - le parti firmatarie valutano concordemente che il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale (RLST), ai sensi degli articoli 47 e 48 del d.lgs. n. 81/2008, costituisce la forma di rappresentanza più adeguata alle realtà imprenditoriali del comparto artigiano e si sono accordate affinché tale modello si affermi in maniera generalizzata; - le parti firmatarie concordano sul fatto che la figura del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale venga istituita in tutte le imprese che occupano fino a 15 lavoratori e che, nelle imprese con oltre 15 lavoratori, qualora non sia stato eletto un rappresentante per la sicurezza aziendale, operi il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale; - sempre per espressa volontà delle parti, non possono essere né eleggibili né elettori, come Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, i soci di società, gli associati in partecipazione e i collaboratori familiari”. Viene quindi richiesto un formale parere ‘in merito alla correttezza dell’interpretazione che porta a concludere come necessaria la presenza del rappresentante dei lavoratori - ovviamente in tali casi territoriali, a causa del divieto di eleggibilità sia attiva che passiva per tali soggetti - anche nelle società all’interno delle quali operino esclusivamente soci lavoratori, ovvero, quella che nega tale necessità’. La Commissione per gli Interpelli ricorda che l’art. 47, comma 5 del D.Lgs. n. 81/2008 stabilisce che ‘il numero, le modalità di designazione o di elezione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l’espletamento delle funzioni sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva’. Fatte queste premesse, si forniscono alcune indicazioni sulla base di due ulteriori riferimenti: - “l’articolo 2, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 81/2008, che equipara al ‘lavoratore’ il socio lavoratore di cooperative o di società, anche di fatto, che presta la sua attività per conto delle società e dell’ente stesso; - l’articolo 47, comma 2 del d.lgs. n. 81/2008, che prevede che in ‘tutte le aziende, o unità produttive’ sia eletto o designato il ‘rappresentante dei lavoratori per la sicurezza’”. Proprio in relazione a questi due articoli, la Commissione Interpelli “ritiene che in tutte le aziende, o unità produttive, comprese quelle all’interno delle quali operino esclusivamente soci lavoratori, qualora ‘non si proceda alle elezioni previste dai commi 3 e 4 del medesimo articolo 47 del d.lgs. n. 81/2008 anche in virtù della contrattazione collettiva, le funzioni di Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza debbano essere esercitate dal Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale o dal Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo”.

venerdì 25 novembre 2016

Nuove opportunità 2017 - CORSI ANTINCENDIO "itineranti" PRESSO AZIENDE

WST EUROPA srl - ScuolaSicurezza.it in collaborazione di FIRESTOP.IT a fornitura dell'attrezzatura "prova pratica antincendio" è in grado anche di eseguire corsi antincendio direttamente presso gli insediamenti dei vari clienti mediante un servizio di unità mobile formativa.
Tutto il materiale e le attrezzature necessarie per eseguire le varie tipologie di CORSI vengono portate presso la struttura del cliente con un furgone attrezzato; a questo punto il cliente si dovrà solo preoccupare di mettere a disposizione un area esterna idonea all’esecuzione delle prove pratiche all’interno della sua proprietà, a tutto il resto pensiamo noi.
Tutti i CORSI ANTINCENDIO sono svolti da DOCENTI qualificati (tecnici di prevenzione incendi iscritti all’albo ministeriale) con l’assistenza di personale tecnico esperto per la parte pratica.

- rischio BASSO 4ORE
- rischio MEDIO 8 ORE
- rischio ALTO 16ORE


Sia gli allievi che il personale tecnico eseguono le prove pratiche antincendio indossando idonei DPI  composto da elmetto con visiera, giaccone in tessuto NOMEX o tuta ignifugata e guanti di protezione.


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giovedì 24 novembre 2016

DPI: obbligo di manutenzione e igiene

Chi deve provvedere alla manutenzione ed all’igiene dei DPI? 

Quando gli indumenti di lavoro sono considerati DPI?

Articolo 225 – Misure specifiche di protezione e di prevenzione
1. Il datore di lavoro, sulla base dell’attività e della valutazione dei rischi di cui all’articolo 223, provvede affinché il rischio sia eliminato o ridotto mediante la sostituzione, qualora la natura dell’attività lo consenta, con altri agenti o processi che, nelle condizioni di uso, non sono o sono meno pericolosi per la salute dei lavoratori. Quando la natura dell’attività non consente di eliminare il rischio attraverso la sostituzione il datore di lavoro garantisce che il rischio sia ridotto mediante l’applicazione delle seguenti misure da adottarsi nel seguente ordine di priorità:
a) progettazione di appropriati processi lavorativi e controlli tecnici, nonché uso di attrezzature e materiali adeguati;
b) appropriate misure organizzative e di protezione collettive alla fonte del rischio;
c) misure di protezione individuali, compresi i dispositivi di protezione individuali, qualora non si riesca a prevenire con altri mezzi l’esposizione;
d) sorveglianza sanitaria dei lavoratori a norma degli articoli 229 e 230.
 
Gli indumenti di lavoro, possono assolvere a varie funzioni:
a)     elemento distintivo di appartenenza aziendale, ad esempio uniforme o divisa;
b)    mera preservazione degli abiti civili dalla ordinaria usura connessa all’espletamento della attività lavorativa;
c)     protezione da rischi per la salute e la sicurezza.
In tale ultimo caso, tali indumenti, rientrano tra i dispositivi di sicurezza che assolvono alla funzione di protezione dai rischi, ai sensi dell’art.40 del Decreto legislativo 19 settembre 1994, n.626. Rientrano, ad esempio, tra i dispositivi di protezione individuale (DPI) gli indumenti fluorescenti che segnalano la presenza di lavoratori a rischio di investimento, quelli di protezione contro il caldo od il freddo, gli indumenti per evitare il contatto con sostanze nocive, tossiche, corrosive o con agenti biologici, ecc.
Cassazione 5 novembre 1998, n. 11139
“L’idoneità degli indumenti di protezione che il datore di lavoro deve mettere a disposizione dei lavoratori deve sussistere non solo nel momento della consegna degli indumenti stessi, ma anche durante l’intero periodo di esecuzione della prestazione lavorativa. Le norme suindicate, infatti, finalizzate alla tutela della salute quale oggetto di autonomo diritto primario assoluto (art. 32 Cost.), solo nel suddetto modo conseguono il loro specifico scopo che, nella concreta fattispecie, é quello di prevenire l’insorgenza e il diffondersi d’infezioni”.
“Ne consegue che, essendo il lavaggio indispensabile per mantenere gli indumenti in stato di efficienza, esso non può non essere a carico del datore di lavoro, quale destinatario dell’obbligo di protezione”.
La giurisprudenza successiva di merito e di legittimità si è uniformata a questo principio.
L’obbligo riguarda soltanto i DPI in quanto finalizzati alla protezione della salute/sicurezza del lavoratore che li indossa.
Sempre dalla Circolare 34/1999
Ciò vale ovviamente anche per gli indumenti di lavoro che assumano la caratteristica di dispositivi personali di protezione. A tale scopo è necessario che il datore di lavoro provveda alla loro pulizia stabilendone la periodicità. Detta pulizia può essere effettuata sia direttamente all’interno dell’azienda, sia ricorrendo ad imprese esterne specializzate; la scelta ricade sotto la responsabilità del datore di lavoro.
 
rischio chimico biologico: In via generale, qualora gli indumenti sono o possano essere contaminati da agenti chimici, cancerogeni o biologici, nel caso che si provveda alla loro pulizia all’interno dell’azienda, il datore di lavoro dovrà tenere conto dei rischi connessi con la manipolazione e il trattamento di tali indumenti da parte dei lavoratori addetti e pertanto dovrà applicare le stesse misure di protezione adottate nel processo lavorativo; se viceversa, si sceglie un’impresa esterna, il datore di lavoro, come già ricordato, responsabile delle buone condizioni igieniche e dell’efficienza di tali D.P.I., efficienza che un’errata pulizia potrebbe pregiudicare, deve preventivamente assicurarsi che l’impresa stessa abbia requisiti tecnici professionali sufficienti allo scopo e curare che tali indumenti vengano consegnati opportunamente imballati, ed evitare rischi di contaminazione esterna.
 
 Il datore di lavoro inoltre, deve assumere gli appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate (uso dei DPI) possono causare rischi per la salute della popolazione, fra cui rientra, a questi fini, il lavoratore esterno, deve provvedere alla puntuale informazione della lavanderia esterna sulla natura dei rischi connessi alla manipolazione degli indumenti contaminati, e sulla loro entità.

martedì 22 novembre 2016

Maternità e sicurezza sul lavoro, linee guida

La gravidanza è certamente un argomento molto delicato, se correlato al lavoro; spinoso da affrontare sia per i datori di lavoro che per le lavoratrici stesse, spesso impaurite dalle difficoltà a relazionarsi con il proprio datore di lavoro per comunicare la notizia. Un ambiente lavorativo in cui il benessere e la comunicazione sono messi al centro, sicuramente favorisce lo svolgersi di questo periodo senza problemi; anzi, motiva maggiormente la lavoratrice al suo futuro rientro sul luogo di lavoro. In particolare, vi sono obblighi a cui sia il datore di lavoro sia la lavoratrice devono sottostare, regolate dal Testo Unico Maternità (D.Lgs. 151/2001) e dal Testo Unico Sicurezza (D.Lgs. 81/2008).

Maternità e valutazione dei rischi
Il datore di lavoro, durante la stesura dell’elenco delle attività ipoteticamente rischiose per le donne in gravidanza, nel documento sulla valutazione dei rischi, deve rilevare periodicamente, assieme al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, al Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione e al medico competente, le attività “vietate” durante la maternità, per tutto il periodo della gestazione e molto spesso anche durante l’allattamento.
In seguito, è necessario capire quali attività è possibile proporre alla lavoratrice che si trovi a dover cambiare mansione, nel caso in cui sia possibile trovare all’interno dell’azienda un lavoro in grado di soddisfare tutti i requisiti previsti dalla legge. Le Lavoratrici in gravidanza, puerperio ed allattamento non possono essere adibite a lavori pericolosi, faticosi ed insalubri, come stabilito molto chiaramente dalla normativa di riferimento. Nel caso in cui non sia possibile trasferire la lavoratrice in gravidanza in un settore differente, è necessario chiedere la maternità anticipata anticipata alla Direzione Territoriale del Lavoro.
Dovere ed interesse delle lavoratrici
Se il datore di lavoro ha l’obbligo di porre tutte le possibili condizioni che riescano a conciliare una gravidanza con il lavoro stesso, comprendendo l’ovvio divieto di adibirle al lavoro nei due mesi antecedenti e nei tre mesi successivi al parto (congedo di maternità) e di disporre per un eventuale flessibilità del periodo del congedo di maternità (1 mese prima e 4 mesi dopo il parto), le lavoratrici hanno l’obbligo di comunicare tempestivamente la notizia del proprio stato interessante.
Una rapida comunicazione facilita il ruolo di tutte le parti in causa: dal datore di lavoro, che può attivare tutte le misure necessarie a tutelare la lavoratrice e rispettare la legge, alla lavoratrice stessa, che può più facilmente disporre del proprio tempo e lavoro, conciliandolo con le nuove esigenze. Come è noto, infatti, il periodo più delicato della gravidanza è rappresentato proprio dai primi tre mesi: compiere sforzi o lavori inadeguati in questo lasso di tempo potrebbe compromettere la gravidanza.
by scuolasicurezza.it 
Quali titoli di studio validi ai fini dell’esonero dalla frequenza ai corsi di formazione moduli A e B dell’Accordo Stato-Regioni del 26/1/2006 (Punto 1 dell’Accordo) e ricorda che già l’art. 32 del D. Lgs. 81/2008 sui requisiti professionali degli RSPP e ASPP al comma 5 riporta “l’elenco delle lauree i cui possessori sono esonerati dalla frequenza dei moduli A e B dell’Accordo Stato-Regioni del 26/1/2006 fermo restando che gli stessi per svolgere l’attività di RSPP devono comunque frequentare il modulo C”. E nell’ultimo periodo del comma 5 si indica che ‘ulteriori titoli di studio possono essere individuati in sede di Conferenza Stato-Regioni’. 

E in attuazione di quanto disposto dall’ultimo periodo del comma 5, si riportano le “ulteriori lauree che esonerano dalla frequenza dei moduli A e B:

- laurea magistrale conseguita in una delle seguenti Classi: LM-4, da LM-20 a LM 25, da LM 27 a LM- 35 di cui al decreto del MIUR del 16 marzo 2007,
- laurea specialistica conseguita nelle seguenti Classi: 4/S, da 25/S a 38/S di cui al decreto del MIUR del 28 novembre 2000,
- laurea magistrale conseguita nella Classe LM/SNT 4 di cui al decreto del MIUR del 8 gennaio 2009,
- laurea conseguita nella Classe L/SNT 4 di cui al decreto del MIUR del 19 febbraio 2009,
- laurea del vecchio ordinamento di Ingegneria ed Architettura, conseguiti ai sensi del Regio Decreto 30 settembre 1938, n.1652. 

E costituiscono altresì titolo di esonero dalla frequenza dei Corsi (moduli A-B-C) previsti nell’Accordo del 7/7/2016:

- “il possesso di un Certificato universitario attestante il superamento di uno o più esami relativi ad uno o più insegnamenti specifici del corso di laurea nel cui programma siano presenti i contenuti previsti nell’Accordo del 7/7/2016;
- il possesso di un attestato di partecipazione ad un corso Universitario di specializzazione, perfezionamento o master i cui contenuti e le relative modalità di svolgimento siano conformi ai contenuti nell’Accordo del 7/7/2016”. 

Stress e sicurezza sul lavoro, quanto incide l’emotività?

Quanto tempo passa in media un lavoratore qualsiasi sul luogo di lavoro? Potremmo dire buona parte della propria giornata, se non addirittura della propria vita. Il luogo di lavoro assume di conseguenza i contorni di ciò che rappresenta per la persona stessa: un luogo di piacere, dove sviluppare le proprie doti in alcuni casi, oppure profili assolutamente negativi in altri. Un cattivo ambiente di lavoro non giova a nessuno, lo dimostrano gli studi più recenti: in un ambiente di lavoro sano, dove il benessere del lavoratore è al centro, si produce di più.

Una persona contenta è un lavoratore migliore
Non si tratta di un argomento privato, di una questione da relegare solo all’interno dei confini del luogo di lavoro: quella del benessere sul luogo di lavoro è una tematica attualissima  e “socialmente rilevante”, proprio per questo ad occuparsene è anche lo stesso Stato Italiano. Per quanto in ritardo rispetto ad altri paesi europei e nei confronti del sottoscritto Accordo Europeo sullo Stress sul Lavoro (2004), l’Italia ha cominciato a colmare le distanze nel 2008, quando si è introdotto il decreto legislativo 81Testo Unico sulla Sicurezza e sulla Salute delle Lavoratrici e dei Lavoratori“, modificato successivamente dal decreto legislativo 106/2009. In questi testi si definisce essenziale nella stesura del DVR (Documento Valutazione dei Rischi) la partecipazione del medico competente, con obbligo di valutazione dello Stress-Lavoro Correlato, dal 1 gennaio 2011.
Possibili rimedi all’assenteismo frequente e alle malattie professionali
Ansia e depressione sono in largo aumento nella società occidentale, con conseguente largo assenteismo e livello ridotto della prestazione personale. Attraversiamo un’epoca in cui l’economia, il mercato, ed il loro motore, cioè il lavoro, sono stati messi al centro dell’universo-vita. Non è buona pratica di un filosofo della decrescita il rimettere al centro la persona, ma un’idea che potrebbe comportare una maggiore efficienza delle proprie risorse. Tutte le persone in buona salute mentale sono capaci di fare fronte a situazioni di difficoltà e stress emotivo di breve durata; sta al datore di lavoro capire le differenze, i caratteri, le possibilità ed intervenire, comunicando per “fare sicurezza” con vere doti di leadership emotiva, nel caso in cui non sia addirittura possibile prevenire o ridurre notevolmente la presenza di un fattore di stress. L’intervento del datore di lavoro può essere personale, ma anche ramificato attraverso i dirigenti, distribuendo questionari anonimi ai dipendenti e proponendo corsi di formazione sulla gestione dello stress agli stessi. Necessario oggi è costruire la sicurezza mediante le relazioni umane, fortificando la capacità di reagire in team alle difficoltà.
by scuolasicurezza.it 

La Sicurezza percepita dai Lavoratori: i dati Istat

Il 15 aprile 2015 l’Istat (Istituto Nazionale di Statistica) ha pubblicato i dati riferiti all’indagine sulla sicurezza percepita dai lavoratori sul luogo di lavoro, riferita all’elaborazione di informazioni ottenute nel 2013. L’indagine è stata condotta su di un campione di 20.000 famiglie e 50.000 individui, preso in oggetto per una serie di ricerche ai fini statistici riguardanti alcuni “aspetti della vita quotidiana”, al fine di comprendere le abitudini e le difficoltà incontrate ogni giorno dai cittadini italiani.

Quanti infortuni?
714mila sono le persone che hanno denunciato un infortunio sul lavoro (o nel tragitto per recarsi sul luogo di lavoro) nel 2013, un dato fortunatamente in continuo calo negli anni (937mila nel 2007, 870mila nel 2008 e 740mila nel 2012) rappresentante il 2,9% dei lavoratori occupati stabilmente o meno nei dodici mesi presi in esame. Se questo dato può risultare relativamente incoraggiante, ancora difficile da discutere è quello seguentemente riportato: 2 milioni 282 mila persone dichiarano di soffrire di disturbi fisici correlati o aggravati dal proprio lavoro e/o condizione lavorativa. Il 5,4% dei lavoratori occupati, un dato anche questo in calo rispetto al 2007 (6,9%), ma ugualmente preoccupante. Il dato emerge maggiore negli uomini che nelle donne e, più in generale, negli italiani che negli stranieri.
In che misura la sicurezza viene percepita dai lavoratori?
Ma il dato che è maggiormente interessante e, forse, rappresentativo, riguarda la sicurezza “percepita”, ovvero la sensazione che un lavoratore prova sul luogo di lavoro. Quanto è sicuro il luogo di lavoro, la sua attitudine lavorativa, i movimenti che gli vengono richiesti, come giudica lui stesso questi campi?  Secondo l’Istat: “Oltre 17 milioni di occupati (il 76,6% del totale) percepiscono nello svolgimento del proprio lavoro la presenza di almeno un fattore di rischio per la salute; il 74,7% si sente esposto ad almeno un fattore di rischio fisico (degli 8 indagati) mentre il 27,0% ad almeno uno dei fattori di rischio psicologico (dei 3 indagati)“. Tuttavia, pur percependo la possibilità di un rischio, maggiore o minore, pur dichiarando problemi di salute connessi all’attività lavorativa, è alta la percentuale di lavoratori che non ha fatto alcun giorno di assenza per tale ragione, ben il 52,9%.
Le statistiche parlano di una sempre migliore sicurezza sul posto di lavoro, ma di una forte mancanza di sicurezza percepita. Tuttavia non sono previste al momento nuove azioni del legislatore riguardanti questo campo, eccezione fatta per due commi del Jobs Act  che prevedono l’approvazione di decreti legislativi volti a semplificare gli adempimenti a carico di cittadini e imprese in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, oltre che una razionalizzazione dell’attività ispettiva, attraverso l’istituzione di una Agenzia unica per le ispezioni del lavoro.

Corso Valido Online Note
Formazione Generale dei Lavoratori SI
Formazione Specifica dei Lavoratori SI Solo il Livello di Rischio Basso; i livelli di rischio Medio e Alto devono essere effettuati in aula
Dirigente SI
Preposto SI Solo dal punto da 1 al punto 5 dei contenuti previsti dell’Accordo Stato-Regioni del 21 Dicembre 2011; i punti successivi devono essere effettuati in aula.
RLS Rappresentante dei Lavoratori NO E’ permesso lo svolgimento online solo se indicato nel CCNL di riferimento
RSPP Datore di Lavoro SI Solo i Moduli 1 e 2; i Moduli 3 e 4 devono essere effettuati in aula
Primo Soccorso NO
Antincendio NO
RSPP Nominato / Esterno SI Solo il Modulo A; i Moduli B e C devono essere effettuati in aula
ASPP Nominato / Esterno SI Solo il Modulo A; il Modulo B deve essere effettuato in aula
Aggiornamento Valido Online Note
Aggiornamento Formazione Lavoratori SI
Aggiornamento Dirigente SI
Aggiornamento Preposto SI
Aggiornamento RLS Rappresentante dei Lavoratori SI
Aggiornamento RSPP Datore di Lavoro SI
Aggiornamento Primo Soccorso NO
Aggiornamento Antincendio NO
Aggiornamento RSPP Nominato / Esterno SI
Aggiornamento ASPP Nominato / Esterno SI